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We Run for Christmas virtual edition – day 3

Riprendiamo e pubblichiamo con piacere dalla pagina facebook di Carlo Donadoni Runner, bike traveller, mountain and endurance activities lover

Siamo solo al terzo giorno e la fatica la fa già da padrona: oggi uscita serale in cui non sono mai riuscito a scendere sotto i 5’/km e avevo le gambe così inchiodate che a volte avevo la sensazione di correre sul posto.
Nonostante tutto, ancora una volta la doppia cifra alla voce dei km mi permette di raggiungere puntuale il check point di giornata: Santa Croce, frazione di San Pellegrino.

Santa Croce è stata una new entry dello scorso anno nella Staffetta di Natale (e a dire il vero anche nella mia vita visto che fino ai 33 anni suonati non ci ero mai stato): per tre edizioni da Zogno avevamo proseguito lungo la dolce ciclabile del Brembo fino a San Giovanni Bianco salvo poi spararci una vertical in una sola tappa per salire fino a Valpiana. Più che altro “spararsi”, visto che l’unico modo per restare in tabella di marcia è sempre stato quello di invitare dei campioni del calibro di Alex Baldaccini (cui un anno, mentre saliva a 4’/km in salita, qualcuno dal furgone ha pensato anche di dire “più avanti puoi aumentare un po’”). Sta di fatto che quando lo scorso anno siamo capitati in questa frazione arroccata sopra San Pellegrino su invito dalla Municipalità per un nostro allenamento, abbiamo scoperto che a Valpiana si poteva arrivare anche passando per di lì.

A mostrarmelo fu il signor Celeste: una di quelle persone che nelle piccole e fragili comunità montane sanno essere un appiglio per i loro concittadini. Non è il sindaco, non è il parroco, ma sembra che qui tutti si affidino a lui per portare avanti la quotidianità di un piccolo paese che ogni anno diventa sempre più piccolo. E più anziano.

Sta di fatto che il signor Celeste mi portò in auto (la mia, lui guida un maxi-scooter) a fare un sopralluogo del percorso di allenamento. All’imbocco della prima strada sterrata dissi: “E’ una Giulietta eh… è un po’ bassa”. “Tranquillo che si passa”. In effetti ‘toccammo sotto’ solo un paio di volte.
L’allenamento fu uno dei più divertenti tra quelli a cui ho mai preso parte: davano 40 mm di acqua. Così tanti che non valeva la pena mettere nemmeno la giacca in Gore-Tex. Tanto cosa volevi che proteggesse? Ne prendemmo pure 50. Ma quella sera non sentivo la gamba e mi piaceva tutto di quel paese: feci il percorso due volte. Prima dell’allenamento con Pietro per rinfrescarmi la memoria e poi con tutti gli altri sotto il diluvio.
A Santa Croce ci sarei tornato qualche mese dopo, in bicicletta, per fare il sopralluogo del nuovo percorso della We Run for Christmas. L’inedita traccia era stata pensata da Corrado, che l’aveva percorsa a piedi con Maria durante una delle loro prime uscite. Lui però doveva essere più concentrato a guardare lei che a valutare la natura del terreno perché alla domanda se fosse o meno ciclabile rispose di sì. Risultato: bici in spalla per 6 km di sentiero. Con me c’erano anche Irene, Rachele, Giacomo e il mio ex-collega Jan, appena arrivato dalla Repubblica Ceca, il quale attorno al calare del buio cercò di abbandonarci salvo poi dover tornare, smarrito, sui suoi passi. Meno di un mese dopo tornò in patria, probabilmente scioccato dalle abitudini ciclistiche dei locals.

L’ultima volta che sono stato a Santa Croce è stato proprio per la WRFC 2019. I ciclisti ci arrivavano da un percorso alternativo a quello brutale percorso la volta prima: una bella salita in asfalto che percorsi in compagnia di un Bassis agghinadato con lucine di Natale ovunque. Lui saliva tranquillo, io ero a tutta come se in cima ci fosse il traguardo della Staffetta o di una prova del Trofeo dello Scalatore Orobico. Invece in cima ad attendermi, oltre al sig. Celeste, c’era una fat e-bike con cui avrei dovuto affrontare il tratto innevato successivo via sentieri per Lepreno e poi Valpiana. Riassumo l’approccio a quel tratto dicendo che ho ancora un KOM su un tratto di salita a Spettino (sì, con la e-bike, vabbè, ma in che condizioni? Comunque… segnalatemi!)

Santa Croce è diventato così uno dei miei posti del cuore. In tutto questo periodo di chiusure, restrizioni e distanziamento, ogni qual volta sentivo parlare di attività commerciali che non avrebbero riaperto, di economia in ginocchio, il mio pensiero andava a Santa Croce, al suo unico alimentari e alla pizzeria chiusa da un paio d’anni perché il titolare non ha superato la scomparsa della moglie. Nient’altro a Santa Croce. Se non il signor Celeste che con la sua energia tiene in piedi una comunità.

Ecco, lo so che non la chiusura di una fabbrica di questi tempi conta di più di quella di una pizzeria in un paesino di montagna. Ma se io potessi scegliere qualcosa o qualcuno a cui permettere magicamente di resistere a questo 2020, sceglierei Santa Croce. Perché tifo comunque per i più deboli. Come per gli anziani che in primavera morivano ma vabbè, tanto erano anziani.
Santa Croce è un po’ come loro: non sei sicuro di ritrovarli come li hai lasciati la volta prima e magari di rivederli mai. Ma ci speri tanto.
Viva Santa Croce!
Celeste Micheli