I Santacroce – Francesco di Simone

La prima notizia su Francesco di Simone risale al 31 luglio del 1492 quando egli sposa Lucia Trevisan.  In quella data il pittore è a Venezia e stipula il contratto  nuziale in casa di Stefano Bonacossi, davanti ad alcuni testimoni, presente lo stesso suo padre Simone.
Da questo documento non si può trarre una precisa indicazione sulla data di nascita, mentre il fatto che egli venga indicato con il luogo di origine, anziché col cognome, permette di ipotizzare che egli fosse non solo originario ma nativo del paesino bergamasco.
Al matrimonio, come abbiamo detto, era presente il padre, Simone: se ne potrebbe arguire che Francesco non si era staccato dalla famiglia per trasferirsi a Venezia, ma semmai che vi fosse giunto assieme ai congiunti. Secondo lo Heinemann, Francesco di Simone sarebbe nato tra il 1440 e il 1445, accettando l’ipotesi che un certo Francesco presente a Padova nel 1462, sia proprio lui.
Questi dati, tuttavia, non sono documentati o, comunque, non controllabili. D’altra parte, i documenti a noi pervenuti postulano una datazione più avanzata per la sua nascita. Se egli fosse nato negli anni ’40 avrebbe avuto, nel 1492, al tempo del matrimonio, ben 52 anni, cosa, specie a quei tempi, assai insolita. E insolito anche il fatto che il padre fosse presente, poiché avrebbe dovuto trattarsi di un vecchio almeno settantenne.
Resta comunque il fatto che le notizie che lo riguardano sono assai scarse e non aiutano a risolvere il problema della sua vita. Le opere firmate sono racchiuse nel giro di quattro anni: dal 1504 al 1507.
Il 28 ottobre del 1508 egli fa testamento: dopo tale data scompare ogni notizia che lo riguarda. Tuttavia, qualche elemento chiarificatore può essere desunto proprio da quest’ultimo documento. Anzitutto a quella data il padre era già morto. Il pittore abitava nella parrocchia di S. Cassiano assieme alla moglie Lucia Trevisan, che nomina commissaria del suo testamento unitamente al cugino Alberto e a Gregorio de Ufrondis, conosciuto a Venezia come Gregorio da Bergamo (quindi amico e conterraneo). Altre notizie interessanti: il pittore non aveva figli legittimi ma due figli naturali, Ursula e Baldassarre. I figli dovevano essere evidentemente molto giovani, tanto che per Ursula il testamento prevede lo stanziamento di una somma di 30 ducati d’oro da usare al momento del matrimonio o della monacazione. Tutti questi elementi sembrano concorrere a stabilire una data relativamente giovanile per la sua morte.
L’ultima considerazione sulla sua età può anche essere tratta dalle preferenze culturali delle poche opere certe e datate. Egli, che si professa discepolo del Giambellino nella segnatura della pala di Murano datata 1507, rivela di essere ben aggiornato ed attento alle novità, quindi certamente non vecchio. L’elemento più interessante che si trae dal suo testamento è comunque il lascito a Francesco Rizzo di Bernardo (“… quondam Joannis de Vechis”, come è precisato nel documento) di tutto il proprio materiale da pittore: pennelli, colori, disegni “et omia alia in strumenta artis picture”, con la precisa dichiarazione che tale lascito si dispone affinchè Francesco abbia la possibilità di continuare e di succedergli nell’arte pittorica. Da questo si deduce che il suo vero erede morale è appunto Francesco Rizzo al quale affida la continuazione della bottega. Si può trarre, infine, un’ultima annotazione, e cioè il suo attaccamento alla terra natale: egli infatti lascia alla Congregazione della Misericordia di Santa Croce nella Val Brembana due pertiche di terra per alcune Messe in suffragio della propria anima.

Fonti e Bibliografia:

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M. Boschini,Le ricche minere della pittura veneziana, Venezia 1674, p. 26;
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G.A. Moschini, Delle origini e vicende della pittura in Padova, Padova 1826, p. 23;
P. Locatelli, Illustri bergamaschi, Bergamo 1867, I, pp. 352-355;
P. Molmenti, Arte retrospettiva: i pittori bergamaschi a Venezia, in Emporium, XVII (1903), 102, pp. 420 s.;
G. Ludwig, Archivalische Beiträge zur Geschichte der venezianischen Malerei, in Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen, XXIV (1903), App., pp. 2-4;
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F. Fiocco, I pittori da Santacroce, in L’Arte, XIX (1916), pp. 180-183; 
Il Museo Correr di Venezia. Dipinti dal XIV al XVI secolo
, a cura di G. Mariacher, Venezia 1957, pp. 174 s. n. 671;
G.P. Coletti, Cima da Conegliano, Venezia 1959, p. 98;
 F. Heinemann, Giovanni Bellini e i belliniani, Venezia 1962, I, pp. 150-152;
S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Roma 1962, p. 182;
G. Siffredi, La raccolta Piccinelli a Seriate, in Bergomum, LXVI (1972), 1, p. 98;
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Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital.
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Francesco Rizzo

Francesco Rizzo, figlio di Bernardo, apparteneva alla famiglia De Vecchi anch’essa originaria di Santa Croce. Suo padre era, a Venezia, “mensurator frumenti”, svolgeva, cioè, una modesta attività. Francesco, la cui prima notizia risale al 1505 quando era presete alla stesura di un testamento, abbraccia ben presto la pittura, diventando discepolo e continuatore di Francesco di Simone, il quale, nel 1508, gli lascia per testamento tutto il materiale della sua bottega di pittore per sollecitarlo a continuare l’opera.
A quella data, dunque, Francesco doveva essere ancora molto giovane sebbene già ventenne se nel 1505 aveva potuto testimoniare: tale facoltà, infatti, non era concessa agli inferiori di 18 anni.
Nel 1516 la moglie Adriana, fa testamento essendo in attesa di un figlio. L’anno successivo egli stipula un contratto con il rettore della chiesa di S. Maria a Serina per l’esecuzione di un trittico tutt’ora esistente, anche se smembrato, che egli consegnò nel 1518.
Scarsi sono i documenti che lo riguardano, ma assume particolare rilievo una vertenza del 1531 tra il Rizzo e la Scuola dei santi di Cassiano e Cecilia per la sepoltura, nell’arca della scuola stessa, del defunto fratello Vincenzo, anch’egli pittore.
Altre notizie sono limitate ad alcune testimonianze del 1536 e del 1539; l’ultima risale al 16 settembre del 1545, quando compare ancora come testimone.
Probabilmente non molto dopo tale data egli morì.


Vincenzo Galizzi

All’attività della prima bottega dei pittori da Santa Croce si collega la figura di Vincenzo di Bernardo, fratello e probabilmente aiuto di Francesco Rizzo (v. Il Cinquecento, I, p. 489 sgg.).
Su Vincenzo di Bernardo manca però ogni documentazione, e tutto ciò che si sa di lui è che morì prima del 3 gennaio 1531 e che fra il 3 e il 18 gennaio il fratello Francesco contrattò le spese relative al suo funerale.
Lo Heinemann ha cercato, in via del tutto ipotetica, di ricostruire un breve catalogo di Vincenzo, proponendo di assegnargli alcuni dipinti che in realtà non appaiono legati da caratteri comuni tali da far pensare a uno stesso autore; e che in alcuni casi vengono attribuiti dalla critica ad artisti bene determinati (è il caso dell’Immacolata del Museo Correr di Venezia, per lo più assegnata a Girolamo da Santa Croce). L’unica proposta attributiva che ha trovato qualche seguito è quella riguardante le Nozze mistiche di Santa Caterina e i santi Giuseppe e Anna, dell’Accademia Carrara di Bergamo.


Giovanni Galizzi

Anche di questo pittore, originario come gli altri, da Santa Croce, della sua vita e delle sue opere si conosce ben poco. Grazie alle pazienti ricerche di Ludwig si può comunque ipotizzare con buon fondamento che Giovanni fosse primo cugino di Francesco Rizzo (v. Il Cinquecento, I, p. 491 sgg) poiché Bernardo, padre del Rizzo, e Francesco, padre di Giovanni, stando alle ricostruzioni del Ludwig, erano fratelli.
E’ probabile perciò che Giovanni, forse di parecchi anni più giovane (firma la sua prima opera nel 1543, muore nel 1565), abbia iniziato il proprio apprendistato nella bottega del cugino Francesco. Dal testamento (vedi Regesti) redatto un mese prima della morte, apprendiamo che Giovanni ebbe per lo meno un fratello di nome Alvise, rimasto al paese d’origine (“Santa Crose de Bergamascha) e una figlia naturale di nome Caterina.
Morì l’11 giugno 1565.