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Dal Museo Civico di Asolo (TV)

Madonna con il Bambino con san Giovanni Battista fanciullo presentato da san Zaccaria
Olio su tavola, 35,1 x 45,5 cm | Inv. 460

da “Il Museo Civico di Asolo” opere dal Quattrocento al Novecento di Giorgio Fossaluzza. Antigua Edizioni

Il dipinto, racchiuso entro una cornice tardo seicentesca, rivela estesissime cadute di colore in ogni punto e particolarmente negli incarnati del san Giovannino e di Gesù Bambino, la vernice inoltre si presenta fortemente ossidata.

Completamente ridipinti risultano i fiori e la frutta che il piccolo santo porge in dono. L’opera pervenne al Museo con il Legato Bertoldi, nel cui elenco era attribuita a Bonifacio Veronese. La Vergine regge il Bambino mentre questi riceve il dono da san Giovannino presentato da colui che si identifica nel padre Zaccaria, il quale indossa la veste sacerdotale rossa e il turbante. Si tratta di un tema in certo modo connesso a quello in cui alla sacra famiglia si accompagna quella composta dalla cugina Elisabetta, da Zaccaria e san Giovannino, il quale si configura anche come incontro durante il ritorno dall’Egitto.

La composizione palesa una chiara quanto ormai generica derivazione da formule belliniane divulgate dai suoi allievi o seguaci ancora fino alla metà del XVI secolo. Le tipologie dei personaggi e il trattamento pittorico permettono di annoverare la tavola nel gruppo di opere collegate alla personalità di Francesco Rizzo da Santacroce originario della Val Brembana (Bergamo), formatosi presso Francesco di Simone da Santacroce, poi a lungo documentato a Venezia.

Il chiarimento di tale personalità proposto da Rowlands (1999, pp. 11-29) ravvisa una svolta nel suo stile in direzione palmesca attorno al 1524, valutazione sostenuta con l’identificazione di due rare opere firmate e datate: Madonna con il Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista, Pietro apostolo, Apollonia e Rocco del 1529, pala eseguita per la chiesa parrocchiale di San Giorgio di Endine (Asta di dipinti 1975, p. 17, lotto 63, tav. L); Madonna con il Bambino in trono e i santi Sebastiano e Rocco del 1530, già a Roma, proprietà degli eredi del conte Paolo Blumenstihl. La ricostruzione dello studioso annovera, in particolare, la Madonna con il Bambino e i santi Zaccaria, Giovanni Battista fanciullo e Caterina d’Alessandria del Museo Civico di Vicenza ritenuta opera della prima produzione di Francesco Rizzo, quella influenzata da Francesco di Simone, in seguito meglio classificata come opera della bottega proprio di quest’ultimo (Villa, in Pinacoteca Civica 2003, pp. 244-245 cat. 91).

È questo un caso che segnala come sia ancora da precisarsi la seriazione delle opere degli esponenti della pittura della Val Brembana dei primi decenni del Cinquecento, con la difficoltà dovuta al fatto che essi rimangono fra loro collegati nei temi e nello stile. A fronte di questa problematica, l’esigenza di suddividere più personalità rispetto a quelle documentate è già manifestata da Heinemann (1962, I, pp. 150 segg.) che parla di più collaboratori anonimi di Franicesco Rizzo, nel cui catalogo fa confluire, in verità, opere eterogenee. Anche la modesta e sofferta tavola di Asolo è da valutarsi entro questa problematica e precisamente nello sforzo di definire l’attività della cerchia di Francesco di Bernardo Rizzo come proposto al riguardo di alcune tavole dei Musei civici di Padova (inv. 2477, inv. 809, inv. 810) datate fra terzo e quarto decennio, ma forse anche di poco successive (Banzato, in Da Bellini a Tintoretto 1991, pp. 275-276 catt. 215-217). L’anonimo partecipe a tale cerchia che esse identificano sembra distinguersi per livello esecutivo più che per repertorio figurale dall’attività di Francesco di Bernardo come ora chiarita (Rowlands 1999). Il suo catalogo potrebbe comprendere la fase estrema degli inoltrati anni trenta e successivi del suo maestro di riferimento, in cui la partecipazione di aiuti poteva essere determinante. Il gruppo di opere che rientrano in tale problematica è di gran lunga superiore alla trentina come supposto; a esempio ne comprende alcune talora riferite all’ambito di Francesco di Simone (Mancini, in Da Bellini a Tintoretto 1991, p. 277 catt. 218, 219).

Le capacità produttive del pittore a cui spetta il dipinto asolano risulta addirittura sorprendente, del resto egli si limita a riformulare costantemente nelle composizioni un repertorio figurativo in modo seriale.